Ai sensi dell’Art. 65 del Decreto Legge n. 165/2001 (Testo Unico sul Pubblico Impiego) le pubbliche amministrazioni, per le esigenze connesse con il proprio fabbisogno ordinario, assumono esclusivamente con contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato.

Soltanto per comprovate esigenze di carattere temporaneo o eccezionale è ammesso il ricorso a contratti di lavoro subordinato a tempo determinato, contratti di formazione e lavoro e contratti di somministrazione di lavoro a tempo determinato, nonché́ avvalersi delle forme contrattuali flessibili previste dal codice civile e dalle altre leggi sui rapporti di lavoro nell’impresa.

Lo stesso legislatore ha introdotto quale espressamente il limite massimo di 36 mesi per l’utilizzo del contratto a termine (Legge n. 107/2015).

Sul piano sanzionatorio, il Decreto Legge n. 165/2001 all’art. 65 prevede che la violazione delle suddette disposizioni riguardanti l’assunzione dei lavoratori da parte della Pubblica Amministrazioni, all’opposto di quanto avviene nel settore privato, non comporta la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato, bensì il diritto del lavoratore al risarcimento del danno.

Pertanto, il lavoratore che si veda reiterare dalla Pubblica Amministrazione un contratto a tempo determinato oltre il limite consentito dalla legge potrà rivolgersi al Tribunale civile in funzione di Giudice del lavoro (territorialmente competente) al fine di ottenere il riconoscimento del diritto al risarcimento dei danni, che si prescrive nel termine di 5 anni dalla cessazione del singolo contratto.

La stessa Corte di Cassazione con la recente ordinanza del 25 giugno 2020, n. 12718, ha statuito che “nel regime del lavoro pubblico contrattualizzato in caso di abuso del ricorso al contratto di lavoro a tempo determinato da parte di una pubblica amministrazione il dipendente, che abbia subito la illegittima precarizzazione del rapporto di impiego, ha diritto, fermo restando il divieto di trasformazione del contratto di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato posto dal Decreto Legislativo 30 marzo 2001, n. 165, articolo 36, comma 5, al risarcimento del danno previsto dalla medesima disposizione con esonero dall’onere probatorio nella misura e nei limiti di cui alla L. 4 novembre 2010, n. 183, articolo 32, comma 5, e quindi nella misura pari ad un’indennità onnicomprensiva tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo ai criteri indicati nella L. 15 luglio 1966, n. 604, articolo 8”.

I lavoratori del pubblico impiego che hanno subito un contratto a tempo determinato illegittimo hanno pertanto diritto a un risarcimento “automatico”, di un valore che può oscillare da un minimo di 2,5 a un massimo di 12 mensilità̀ a seconda dell’anzianità di servizio, del comportamento delle parti e degli altri criteri fissati dalle regole sul rapporto di lavoro. Questa forma di tutela è sufficiente a rispettare gli obblighi europei che impongono alle leggi nazionali di contrastare l’abuso del contratto a termine senza imporre la stabilizzazione del rapporto di lavoro, che nell’ordinamento italiano contrasta con il principio dell’accesso alla Pubblica amministrazione solo tramite concorso.